1. Che cos'è il Freedom of Information Act (FOIA)?

L’acronimo FOIA indica l’atto giuridico del “Freedom of Information Act”. Esso rappresenta ciò che viene definito come accesso civico generalizzato. È uno strumento tipicamente anglosassone - utilizzato in centinaia di paesi - e garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni detenute dalla Pubblica Amministrazione, salvo eccezioni ben precise. In Italia tale diritto è stato introdotto dal d.lgs 97/2016 che ha modificato il d.lgs 33/2013. Infatti, la modifica apportata nel 2016 ha reso possibile il c.d. accesso generalizzato. Il FOIA è stato dunque introdotto in aggiunta ai diritti di accesso che prima esistevano poiché nessuno dei preesistenti era considerato diritto di accesso con una finalità di trasparenza. Prendendo ad esempio l’accesso previsto dalla legge 241/90, si può notare come tale diritto avesse una finalità di accesso alla partecipazione al procedimento amministrativo: l’accesso era dunque strumentale alla tutela di altri diritti.

La scelta del legislatore, di non abrogare le altre prerogative di accesso preesistenti, è stata dettata dalla volontà di diffondere il concetto in base al quale il FOIA è un diritto fondamentale, rappresentato dal diritto alla trasparenza (che si può trovare anche all’art. 42 della CDFUE e art. 10 CEDU) nel rapporto tra le istituzioni e la società civile (imprese, cittadini italiani e stranieri), cercando di incoraggiare un dibattito pubblico su temi di interesse collettivo, richiedendo dati di cui è in possesso la PA.

Dunque, quest'ultimo, con il FOIA, diviene diritto in sé e non più considerato strumentale al fine di tutelare altri diritti. La giurisprudenza, infatti, afferma che il nuovo istituto giuridico tenta di promuovere un dialogo cooperativo tra la Pubblica Amministrazione e il richiedente. Il principio di trasparenza espresso dal FOIA è fondamento della democrazia rappresentativa all’interno dello stato di diritto, ma allo stesso tempo - abilitando il controllo degli utenti sull’operato della PA - uno strumento che ne assicuri il buon andamento.

L’accesso civico generalizzato si inserisce in un quadro più ampio, che comprende altresì l’accesso procedimentale (previsto dalla legge 241/1990), caratterizzato dal diritto di ottenere informazioni e dati, se si ha uno specifico interesse. Allo stesso tempo, l’accesso civico generalizzato previsto dal FOIA presenta la caratteristica in base alla quale l’interesse risiede nel fatto stesso di essere parte della società, quindi non è necessariamente richiesto un interesse specifico. L’altra forma prevista di accesso, è il c.d. accesso civico (articolo 5, comma 1, d.lgs. n. 33/2013), che consente di accedere ad informazioni che rientrano negli obblighi di pubblicazione della PA, dunque ha come riferimento quegli atti che la PA ha l’obbligo giuridico di pubblicare.

 

2. Evoluzione giurisprudenziale e criteri di accesso

Si pone ora l’attenzione sull’analisi dell’evoluzione giurisprudenziale che il FOIA, e la normativa ad esso applicabile, hanno reso possibile negli anni successivi all’introduzione di tale strumento giuridico. Anche nell'ambito di lavoro di ASGI, l'accesso civico si rivela essere uno strumento fondamentale. Particolarmente interessante è da considerarsi, a tale scopo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla sindacabilità di tutti gli atti amministrativi e degli atti di soggetti terzi acquisiti dalla P.A., con particolare sguardo al limite assoluto del segreto di Stato, cui di seguito verrà fatto riferimento. Il Freedom of Information Act ha la peculiarità di essere uno strumento giuridico che fisiologicamente tutela, come precedentemente sottolineato, il Diritto alla Trasparenza, il quale attraverso l’introduzione dell’istituto in parola riceve finalmente un riconoscimento normativo.

Esempio di pronuncia giurisprudenziale in merito si può rinvenire nella Sentenza numero 10/2020 dell’Assemblea Plenaria del Consiglio di Stato, che ha affermato per la prima volta la natura di diritto fondamentale del diritto di trasparenza e, per suo tramite, del diritto di accesso generalizzato. Il FOIA è uno strumento, dunque, versatile, posto a presidio di un processo continuo di informazione e formazione dell’opinione pubblica. Il principio di trasparenza, nella sua formulazione normativa e giurisprudenziale, è fondamento della democrazia rappresentativa dello Stato di diritto, ma, allo stesso tempo, il FOIA, permettendo un accesso generalizzato, ha anche funzione di controllo diffuso dell’opinione pubblica sull’attività della P.A. L’interesse al funzionamento del FOIA è, quindi, sia una priorità della società civile complessivamente intesa, in quanto suo diritto, ma anche della P.A., in quanto l’amministrazione pubblica è tanto più ben funzionante quanto più è trasparente. Il Consiglio di Stato sostiene, nella suddetta sentenza, che “non possono esistere buchi neri della trasparenza”. Il FOIA è infatti caratterizzato da una tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo. Le eccezioni sono, altresì, soggette a riserve di legge. Il FOIA è, comunque, soggetto ad abusi, ma l’interpretazione della P.A. è anche orientata da sentenze giurisprudenziali come quella esaminata. Tendenza rilevante, derivata da tale giurisprudenza, è quella di esaminare le istanze anche se di contenuto generico. Questo indirizzo è dettato anche dall’esigenza di instaurare un dialogo cooperativo e collaborativo con i richiedenti. A tutela del buon andamento, infatti, si esaminano queste richieste anche se, poi, l’esame dovesse sfociare in un diniego (per richiesta troppo onerosa o difficile da comprendere, per esempio) e nella conseguente, presunta, illegittimità della richiesta.

Tale profilo rileva in base alla considerazione che, se le richieste di accesso potessero essere presentate soltanto da addetti ai lavori, o soltanto da chi è già a conoscenza di quali siano i dati e i documenti detenuti dalla P.A, ci sarebbe una frustrazione o una inammissibile discriminazione, nel diritto alla trasparenza, tra “chi sa e chi non sa”. Invece, da questo punto di vista, il diritto alla trasparenza spetta a tutti in egual misura. È la Pubblica Amministrazione stessa, quindi, eventualmente, a dover supplire alle eventuali carenze dei richiedenti. Approccio, questo, rivoluzionario nel nostro ordinamento.

D’altra parte, le P.A. non devono domandare al richiedente il motivo per pretendere l’accesso a determinate informazioni. Il dialogo collaborativo non deve mai approdare nella c.d. funzionalizzazione del diritto di accesso, che pure in alcune sentenze c’è stata, ma che sta perdendo progressivamente peso, sia grazie alla dottrina che agli ultimi indirizzi della giurisprudenza.

L’ultimo punto cui l’Adunanza Plenaria (Cons. di Stato, sent. numero 10/2020), approda è che questo diritto di accesso deve interessare i documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni sotto ogni profilo rilevante. È necessario quindi evitare la formazione di segreti di fatto che possano evidenziare e rappresentare dei segreti di diritto.

A tal proposito, la delibera 1309/2016 (riguardante l’iter che la P.A. deve seguire nel motivare il rigetto di una richiesta di accesso civico generalizzato perché ricorre un limite relativo all’accesso), contenente le linee guida dell’ANAC, indica che la motivazione deve essere sostanza e non mera forma. Deve coprire e documentare, in maniera il più possibile stringente, il pregiudizio che sarebbe subito dagli interessi pubblici e privati tutelati.

Si rileva, infine, come la Corte Costituzionale, nella sentenza 20/2019, abbia definito il FOIA come uno strumento posto al servizio non solo di chi ne fa le veci, e, quindi, non solo al soddisfacimento della specifica domanda ma anche dell’interesse della Pubblica Amministrazione, quindi, anche al realizzarsi del buon funzionamento della P.A. (previsto dall’articolo 97 della Costituzione).

La vera battaglia, però, per il FOIA, si svolge sul campo dei limiti. Se, da una parte, l’accesso generalizzato vale per tutti gli atti, la legge stabilisce anche dei limiti.

Quand’è che la Pubblica Amministrazione può respingere una richiesta di accesso e quale deve essere la sua motivazione? Il diritto all’accesso civico generalizzato, previsto dal Freedom of Information Act, è sicuramente limitabile. Vi sono, a tal proposito, due tipologie di limiti apponibili:

1. Un LIMITE ASSOLUTO, indicato per legge, in presenza del quale è sufficiente che la P.A. rigetti la richiesta di accesso civico indicando in motivazione l’esistenza di questo limite. Esempi di limite assoluto sono il segreto di Stato, il segreto bancario o anche il segreto statistico. Esiste, in tutti questi casi, infatti, una legge che individua quello specifico limite oltre il quale nessun cittadino è legittimato a spingersi. Nel caso del Segreto di Stato, in particolare, non è richiesta alcuna motivazione nel provvedimento di diniego. È sufficiente che la Pubblica Amministrazione dimostri, o che dia notizia al cittadino richiedente, l’esistenza di quel limite assoluto.

2. In secondo luogo, l’articolo 5 del d. l. 33/2013 indica l’esistenza dei LIMITI RELATIVI, sussistenti quando la divulgazione di un determinato documento o informazione o atto possa pregiudicare un interesse dello Stato. Non è detto che un interesse dello Stato sia sempre messo in pericolo da una divulgazione, tuttavia, e quindi non esiste una legge che in ogni caso preveda un divieto alla divulgazione di quelle specifiche informazioni. Invece, sarà la P.A. ad individuare l’esistenza, caso per caso, di quello specifico limite relativo, perché la ricorrenza e l’opponibilità di tali limiti da parte della P.A. dipende dalla situazione concreta. Un esempio di opposizione di limiti relativi può occorrere quando la divulgazione di un certo documento possa recare pregiudizio alle relazioni internazionali, alla difesa pubblica, alla sicurezza nazionale. La Pubblica Amministrazione, in base alla richiesta che il cittadino fa, può verificare se esiste un rischio concreto per quello specifico interesse. La differenza principale tra un limite relativo e un limite assoluto sta proprio nell’onere motivazionale che la P.A. ha nel momento in cui voglia sottrarre la conoscenza di quel documento al cittadino. Le linee guida ANAC sono intervenute in questo campo proprio per individuare in modo molto specifico quale debba essere l’iter logico e motivazionale che la P.A. deve seguire affinché la motivazione sul rigetto sia sufficientemente congrua e completa. Questo perché sussiste sempre un diritto del cittadino alla conoscenza, che deve essere soddisfatto e che può essere limitato solamente in casi speciali e specifici. Se si tratta di limiti relativi è, dunque, richiesta una motivazione congrua e completa.

 

3. Il rapporto tra FOIA e politica migratoria italiana.

Per ciò che concerne direttamente lo stato italiano e la politica migratoria da esso perseguita è necessario fare riferimento, ancor prima del decreto legislativo del 25 maggio 2016 n.97, al cd. Decreto trasparenza (d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33, Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni). Quest’ultimo ha tentato infatti di introdurre in Italia uno strumento di trasparenza rivolto a tutti i consociati che potesse dunque concedere ad ogni individuo la possibilità di conoscere il contenuto integrale di atti propri della Pubblica Amministrazione. La conoscenza di questi, così come dispone l’articolo 2 della normativa in questione, deve essere esercitata “nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti”, quindi solo in riferimento a quei documenti della pubblica amministrazione per i quali era previsto un obbligo di pubblicazione. Nonostante l’ambito applicativo del suddetto decreto legislativo sembri essere estraneo alla materia in esame, non è affatto secondario. L’articolo 2.bis al comma terzo infatti, stabilisce che quanto prospettato nelle disposizioni precedenti si applichi inoltre in tutti quei casi riguardanti dati e documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea. Questo tipo di accesso riguarda anche i trattati internazionali, e dunque anche quelli di polizia che non posseggono la propria denominazione di trattato, ma che comunque impegnano lo stato italiano con Paesi Terzi.

L’obbligo di pubblicazione, però si instaura ancor prima della Legge 7 agosto 1990 n. 241 denominata inoltre Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. Nel 1984 infatti era in vigore una normativa la quale introduceva un obbligo di pubblicazione non solo di trattati internazionali ma di qualsiasi obbligo pattizio che andava ad obbligare l’Italia nei confronti di Stati Terzi. L’azione computa nel 2013 introduce, dunque, non solo un’estensione dell’obbligo di pubblicazione, ma simboleggia anche una reazione dell’ordinamento giuridico qualora non venisse rispettato l’obbligo. A riguardo, viene perciò introdotta una procedura, ex art. 116 del codice del processo amministrativo con cui si può ritenere illegittima quella mancata pubblicazione in cui si chiede l’ostensione di quell’atto con annesso obbligo di pubblicazione.

In conclusione, quindi, il FOIA ha sicuramente rappresentato un’estensione del diritto alla trasparenza e ha affermato, in maniera robusta, questo diritto fondamentale. L’uso di questa norma da parte dei cittadini non è, ad oggi, ancora ingente (anche perché, ad oggi, all’estero, i primi utilizzatori dell’accesso generalizzato sono addirittura le imprese). È importante, quindi, chiedersi se questa sia una società civile disposta ad utilizzare il FOIA e ad invocarlo in sede contenziosa, con l’obiettivo di far valere questo riconoscimento legale.